Una storia fantastica sospesa nello spazio e nel tempo, scandita dall’ironia della cultura yiddish, attraverso la musica e i canti di Moni Ovadia e dei suoi musicisti.
La scelta scenografica è stata quella di giocare sull’assenza di colore, dando all’ambientazione un sapore antico, sebbene non temporalmente definito.
La storia si sviluppa principalmente in un unico ambiente, dove accadono i primi “miracoli”. Per questo si è data molta importanza alla valenza psicologica dei vari oggetti e dello spazio che intercorre tra loro (una presenza, non un’assenza).
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